Fra pochi giorni ci sarà la festa più triste dell’anno
La ricorrenza dei morti, come un po’ tutte quelle ufficiali, spesso provoca ribellioni, fa venire a galla dei bubboni che suppuravano da tempo.
“Si deve fare” mi dice mia madre fra una corsa da un fioraio e l’altro
“Ma per chi si deve fare?”
“Perché?”
Folle che si dirigono verso i cimiteri provocando giganteschi ingorghi automobilistici, i chioschi di fiori che vengono presi d’assalto, i prezzi che salgono alle stelle, i viali dei camposanti che sembrano un centro commerciale al sabato pomeriggio. Il chiacchiericcio da bar della gente dinanzi le tombe dove si parla di tutto, dall’ultimo raccolto dei campi alle vacanze che si faranno a Natale senza ricordare il defunto.
Poi la festa finisce, i fiori appassiscono nei vasi, reclinano le loro corolle colorate riempiendo l’aria del loro sgradevole odore dolciastro.
Dopo qualche tempo qualche mano pietosa li toglie e i vasi restano lì con le bocche vuote, sdentate; al massimo vi ballonzola qualche fiore di plastica, il gambo rigido, i petali sbiaditi dal sole di anni.
Una specie di consumismo della memoria, un obbligo sociale da adempire nel giorno stabilito per poi riposare il resto dell’anno.
Non ho mai tollerato l’obbligo della celebrazione qualunque essa sia e se devo essere sincera evito di recarmi al cimitero in questi momenti, preferisco farlo per tutti gli altri 363 giorni quando apparentemente è sempre deserto.
Quando regna la pace..la quiete..come dovrebbe essere..