Se mi guardo indietro e provo a risalire con i ricordi fino al tempo della mia primissima infanzia passando dalla fanciullezza fino ad arrivare all’adolescenza, posso affermare senza alcuna ombra di dubbio che non mi sia mai mancato nulla.
Intendo dire nulla di importante.
La mia famiglia ai tempi non era agiata: i miei genitori lavoravano entrambi e io e mio fratello, pur non essendo affatto viziati, non siamo stati mai neanche frustrati nei nostri desideri.
I desideri di un bambino poi sono volatili, irrefrenabili e quindi irrealizzabili.
Nel momento in cui ne soddisfi uno, immediatamente quella cosa perde
d’interesse e viene sostituita da un’altra.
Mio padre allora aveva elaborato una tecnica per sfinirci.
Se ci lagnavamo con la mira di poter ottenere un pacco di patatine, per esempio, lui ci faceva piangere per ore e ore.
Dopo un po’ il nostro frignare diventata solo un lamento sino a farci dimenticare il motivo per il quale stavamo piangendo.
Comunque quello che ci serviva l’abbiamo sempre avuto, a lui non piaceva il superfluo.
A quello ci pensava mia zia, nostra alleata eccezionale.
Nei confronti miei e di mio fratello aveva un occhio di riguardo, era premurosa e piena di attenzioni. Forse perché la nostra famiglia era meno benestante di quella dei miei zii e quando veniva a giocare con noi nostro cugino lei attuava il suo piano.
Arrivava a casa nostra quasi tutti i giorni portando il suo fustino del Dash.
Che invidia quel fustino, non so cosa avrei dato per averlo, non tanto il contenitore ma tutto il tesoro che conservava dentro.
Il fustino del Dash era per me e mio fratello l’antro dei desideri, era pieno di tanti giochi, biglie , insomma una miriade di forme e colori.
Ogni volta che nostro cugino lo svuotava sul pavimento era una felicità indicibile.
Ma poi arrivava l’ora fatidica, quella in cui lui doveva ritornare a casa e riportarsi via tutto quel ben di Dio.
Era un momento atroce.
Allora arrivava mia zia, faceva distrarre nostro cugino con una scusa qualsiasi e poi si avvicinava a noi “cosa vi piace?”
Noi indicavamo l’oggetto dei nostri desideri e lei lo metteva in tasca.Una volta che nostro cugino e il fustino se n’erano andati lei ci accarezzava e ci dava la refurtiva.
“Tenete, divertitevi, che vostro cugino ne ha talmente tanti che è contento se giocate pure voi”
A noi non ci pareva vero, trattavamo quei giochi come fossero cristalli, li lucidavamo..ci giocavamo piano piano.
Il giorno dopo quando tornava nostro cugino con tanto di fustino, ovviamente non si era accorto di nulla, quindi svuotava il contenuto sul pavimento e mia zia ci mescolava sapientemente i giochi sottratti e quando a fine giornata nostro cugino se ne andava il ciclo ricominciava.
Se allora avessimo posseduto anche noi quel fustino forse non sarebbe stato altrettanto prezioso. E’ stata mia zia che con quei piccoli “furtarelli” innocenti che ci aveva fatto riconoscere il valore di quello che non possedevamo, ma che in ogni caso ci ha resi felici.
Oramai i miei figli sono grandi e i loro tanti giochi sono stati riposti in mansarda. Spesso con la complicità di mia figlia ne scegliamo qualcuno e lo regaliamo a qualche bambino un po’ meno fortunato.
La nostra gioia e vedere la luce che si accende nei loro occhi, i sorrisi che ci regalano sono la ricompensa più bella.
La stessa che ci riempie il cuore.